SUPERMAN CATTURA HITLER E STALIN

Creato dallo sceneggiatore Jerry Siegel e dal disegnatore Joe Shuster, Superman venne pubblicato per la prima volta nel 1938 dalla casa editrice che prenderà il nome Dc Comics.

Superman aveva poca voglia di affrontare la Germania nazista, che in quegli anni insanguinava l'Europa, e avrebbe preferito che gli americani non partissero per la guerra. Alla fine, costretto dagli avvenimenti, partecipò al conflitto con scarso entusiasmo.

SUPERMAN CATTURA HITLER E STALIN

Nel fumetto qui sotto Superman blocca i soldati tedeschi sul confine francese, poi sfreccia a Berlino e, attraverso il tetto, entra nella dimora di Adolf Hitler.

SUPERMAN CATTURA HITLER E STALIN
Catturato il führer, Superman si dirige a Mosca per prendere Stalin.

Quindi porta entrambi i dittatori a Ginevra, nel palazzo della Società delle Nazioni (l’Onu dell’epoca).

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Ai rappresentanti del mondo, Superman indica i suoi due prigionieri come responsabili degli sconvolgimenti europei che hanno portato alla Seconda guerra mondiale. Nell’ultima vignetta, un giudice della Società delle Nazioni condanna Hitler e Stalin, all'epoca ufficiosamente alleati, per la loro politica aggressiva.

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La breve storia "fuori serie" di Superman viene pubblicata il 27 febbraio 1940 su “Look”, un periodico che si ispirava a “Life” (simile, quindi, al nostro vecchio “Epoca” e al tedesco “Stern”).

Lo strillo “Superman cattura Hitler e Stalin” si trova proprio sopra la foto di Rita Hayworth.

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Hitler aveva appena invaso la parte occidentale della Polonia, Stalin quella orientale (dopo avere cercato vanamente di conquistare la Finlandia e occupato Estonia, Lettonia e Lituania).
Hitler e Stalin avevano fatto un patto segreto per spartirsi l’Europa Centrorientale, per questo alcuni fumetti americani dell'epoca rappresentano degli eserciti invasori di finzione come un misto di tedeschi e di sovietici: nell’episodio “La Spada Rossa” di Flash Gordon il capo dei militaristi ha un nome russo mentre la sua divisa è uguale a quelle tedesche.

Quando nel 1941 Hitler attacca Stalin, quest'ultimo chiede aiuto alle democrazie occidentali e alla fine della guerra avrà comunque occupato un bel pezzo di Europa Centrale.

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Le SS risposero al breve episodio "How Superman would end the war" pubblicato da "Look" nel loro settimanale "Das Schwarze Korps", il 25 aprile 1940, con un articolo intitolato "Jerry Siegel all'attacco!".

L'articolo del giornale nazista inizia con un riferimento sprezzante alle origini ebraiche dello sceneggiatore: "... Jerry Siegel, un tizio intellettualmente e fisicamente circonciso che ha il suo quartier generale a New York, è l'inventore di una figura colorata con un aspetto impressionante, un corpo potente, e un costume da bagno rosso che gode della capacità di volare attraverso l'etere"; e conclude in tono moraleggiante: "... Invece di incoraggiare le autentiche virtù, semina odio e sospetto nei cuori dei suoi giovani lettori".

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La foga delle SS contro Jerry Siegel non è molto giustificata, perché Superman è un isolazionista convinto, è cioè contrario alla partecipazione degli Stati Uniti alla Seconda guerra mondiale.
Infatti, nella breve storia pubblicata da "Look", Superman risolve tutto all'interno della Società delle Nazioni: allo stesso modo oggi chi non vuole intervenire militarmente per fermare una invasione invoca l'intervento diplomatico dell'Onu, ben sapendo che questo organismo non ha alcun potere reale.

Isolazionista non era solo lo sceneggiatore Jerry Siegel, lo erano anche il disegnatore Joe Shuster e l'editore Harry Donenfeld, pur essendo tutti ebrei, quindi appartenenti all'etnia ferocemente perseguitata da Hitler.

SUPERMAN CATTURA HITLER E STALIN
Infatti, nel primo e nel secondo numero di “Action Comics” del 1938, il comic book (albo a fumetti) dove era stato pubblicato per la prima volta, Superman se la prende con un senatore che tenta di coinvolgere gli Usa nella guerra solo per vendere armi all'esercito.
Per i pacifisti vendere armi, sia pure agli aggrediti per difendersi dall'aggressore, è abominevole.

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Nel parlamento americano dell'epoca si svolgono veramente discussioni di questo genere, dato che Hitler aveva già iniziato a occupare territori europei e il Giappone militarista invadeva la grande ma debole Cina.
Quindi il fumetto prende una netta posizione politica, sostenendo che i politici interventisti non esprimono una loro sincera opinione, ma sono lobbisti dei venditori di armi.
Visto che a parole il senatore vuole combattere, Superman lo porta al fronte per fargli vivere di persona gli orrori della guerra.

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Alla fine il senatore si trasforma in un pacifista convinto, come la maggioranza degli americani dell'epoca, i quali pensavano che intervenire in Europa avrebbe solo peggiorato la situazione creando le condizioni per altre guerre.

Naturalmente dopo l’attacco giapponese alla base militare delle Hawaii, gli Stati Uniti sono costretti a rinunciare al neutralismo. Pure Superman, da buon americano, finisce per sostenere la guerra. Le sue avventure al fronte sono poche, ma esempi di copertine "patriottiche" non mancano.
Qui lo vediamo a cavallo di una bomba: Superman anticipa il finale del film "Il dottor Stranamore"!

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Pure Goebbels, il ministro della propaganda nazista, ha l’onore di essere strattonato dall’Uomo d’Acciaio.

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Naturalmente gli scontri con Superman sono sempre impari.

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Tutto questo accade nelle copertine degli albi a fumetti, meno nelle pagine interne, dove di guerra se ne parla poco.

In una storia pubblicata a puntate nelle tavole domenicali dei quotidiani americani avviene una incursione di Superman a Berlino, dove Hitler in persona presenta se stesso e i suoi flaccidi ministri come poco credibili "superuomini ariani".

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Chi la guerra la fa dal primo numero del proprio albo è Capitan America della Marvel, casa editrice che all'epoca si chiamava Timely. Pure i due autori di Capitan America, Joe Simon e Jack Kirby (che in realtà si chiama Jacob Kurtzberg), e l'editore Martin Goodman sono ebrei. Però loro la pensano diversamente dai responsabili di Superman, perché non solo fanno menare Hitler da Capitan America quando gli Stati Uniti sono ancora neutrali, riempiono anche le avventure di supernemici nazisti, a partire dal terribile Teschio Rosso.

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Verso la fine della guerra, Alex Schomburg (ebreo pure lui) rappresenta per la prima volta nella copertina di un albo a fumetti un campo di sterminio nazista. Qui gli ebrei vengono infilati vivi nei forni mentre, in realtà, prima venivano uccisi con il gas. Tutte le vittime hanno un numero di riconoscimento, ma non tatuato sul braccio come nella realtà, bensì su un biglietto rosso legato al collo: le notizie sui lager erano ancora confuse e frammentarie.

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Il numero di riconoscimento permetteva ai tedeschi di gestire il flusso dei milioni di ebrei grazie agli elaboratori meccanici della Ibm, precursori dei computer. Le schede perforate necessarie alle operazioni, a causa della guerra che aveva tagliato i rapporti con gli Usa, provenivano dalla inconsapevole filiale svedese della Ibm (la Svezia era rimasta neutrale come la Svizzera).

Le vendite di Capitan America scendono parecchio alla fine della Seconda guerra mondiale, a causa dell'identificazione del personaggio con il conflitto, fino alla cessazione delle pubblicazioni.

Nel breve revival del 1954, scritto da Don Rico e disegnato da John Romita, i nuovi nemici sono i sovietici.

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Capitan America ritorna negli anni sessanta, diventando rapidamente un personaggio pacifista in sintonia con i tempi. Nel 1972, viene affiancato da un supereroe nero, Falcon. In una storia di Steve Englehart e Sal Buscema combatte il Capitano anticomunista degli anni cinquanta, che si rivela essere un… impostore.
Nel clima della contestazione studentesca non era considerato accettabile che l'antifascista Captain America un tempo avesse combattuto i sovietici.


Nei fumetti si intravede dunque il riflesso del dibattito politico dell'epoca in cui sono stati realizzati. Ieri come oggi.

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