I testi di Gordon sono di Don Moore, redattore dei romanzi fantascientifici di Edgar Rice Burroughs, l’autore di Tarzan. Nella fortunata serie di libri dedicata a John Carter di Marte, Burroughs trasporta dall’Africa al pianeta rosso i popoli fantastici e le tante regine dominatrici di Tarzan. In Gordon, Moore replica esattamente la formula di Burroughs fino alla nausea, senza mai un guizzo, un’idea nuova.
La situazione è salvata dai disegni di Alex Raymond, un autore che, pur utilizzando la fotografia, possiede uno stile idealizzato, classicheggiante, che si adatta perfettamente al fumetto e influenzerà gli autori di tutto il mondo (salvo quelli giapponesi). Anche se non è dotato di particolare fantasia, Raymond riesce a introdurre con successo gli elementi fantastici richiesti dalla storia.
Mentre
Dick Calkins, il disegnatore medicore di Buck Rogers, si ispira alle
illustrazioni realizzate negli anni venti da Frank R. Paul per le pulp,
Raymond è totalmente immerso nello streamline moderno degli anni trenta.
Lo streamline è una diramazione dell’art déco, anche se, secondo me,
dal punto di vista teorico deriva anche dal futurismo (si pensi ai
progetti fantastici dell’architetto Antonio Sant’Elia).
Mussolini,
che al contrario di Hitler non disprezzava l’architettura moderna, anche
se neppure l’amava, permise la costruzione di alcuni esempi di
streamline. Per esempio, a Saronno, vicino al paese dove abito, c’è una
scuola che sembra uscita da un dipinto di Edward Hopper. Comunque, il
duce preferì che lo streamline fiorisse nell’Africa italiana: Asmara, la
capitale della colonia eritrea, divenne la prima vera Wakanda (cioè una
città avveniristica nel Continente Nero un po’ sul tipo di quella
disegnata da Jack Kirby nei Fantastici Quattro).
Per creare la tecnologia aliena, Alex Raymond prende ispirazione dalle riviste “Popular Science” e “Popular Mechanics”.
Questa copertina del 1930 presenta un dirigibile a “propulsione marina”, con un disegno ornamentale sulla punta che lo fa sembrare uno dei futuri razzi di Flash Gordon
Invece i razzi venivano immaginati così, con delle inutili ali laterali, proprio come li vediamo in Flash Gordon
Altri veicoli che all’epoca si pensavano realizzabili in un periodo abbastanza breve
All’inizio della saga, Gordon sbarca su Mongo, un pianeta dominato dal tiranno Ming, una versione aliena di Fu Manchu. Gli abitanti di Mongo (ovviamente da Mongolia, come mongoli sono in nemici di Buck Rogers) hanno la pelle gialla e un look orientaleggiante; anche se le genti dell’estremo oriente, in realtà, hanno la pelle olivastra. Il dio locale è Tao, che rimanda al taoismo cinese.
I cinesi, considerati dai “bianchi” una minaccia potenziale, sono i nemici per eccellenza dell’immaginario popolare dell’epoca. Però dal 1937, quando il Giappone invade Ia Cina trasformandola in vittima, si cerca di togliere da Gordon i riferimenti a questo paese: la pelle degli abitanti di Mongo da gialla diventa rosa.
Ora il nemico è Hitler, e Mongo si nazifica. Compaiono i monocoli, le divise ricordano quelle tedesche. Non basta, dopo avere ucciso frettolosamente Ming (che con il nome ricorda una dinastia cinese e quindi non va più bene nella mutata situazione internazionale), Gordon torna sulla Terra per combattere dei similnazi nell’abbigliamento e similsovietici nei nomi: evidentemente disegantore e sceneggiatore la pensavano in maniera diversa (e comunque Unione Sivietica e Germania nazista erano stati amici per un po’ di tempo).
Una
brutta storia fantaspionistica nello stile che andava di moda nelle
pulp, tipo “G8 and his Battle Aces” (James Bond ne è solo una pallido
eco).
Ma il fascino di Gordon sta tutto nel fantastico mondo di Mongo, e l’eroe viene rimandato sul lontano pianeta.
Le bellissime donne di Flash Gordon
Un po’ di sadomaso per i piccoli lettori dell’inserto a colori dei quotidiani americani degli anni trenta: tempi in cui non ci si preoccupava molto della delicatissima psiche dei bambini
ll terribile, ma carismatico Ming, sta per creare qualche guaio al suo genero principe Barin di Arboria, la città sugli alberi
Rettili inquietanti
Il richiamo invincibile dell’avventura
Alex Raymond cercava il successo anche come illustratore, ma non gli andò molto bene: aveva idee per lo più banali e un segno superato. La prima illustrazione di questa serie, didascalicamente “chi va forte va alla morte”, è sinistramente profetica, dato che Raymond morirà a soli 46 anni guidando un’auto sportiva lanciata a tutta velocità nel 1956.
Dopo la guerra, Alex Raymond smette di disegnare fumetti
fantascientifici, che probabilmente odiava, per realizzare Rip Kirby, un
newyorkese che si muove in un mondo glamour simile a quello delle
illustrazioni dei periodici femminili. Una specie di compromesso tra
quello che Raymond avrebbe voluto fare e il mestiere di fumettista che,
per fortuna nostra, il destino gli ha riservato.
Nessun commento:
Posta un commento